La Madonna dei Miracoli
Ultima modifica 2 aprile 2023
Nella venerabile chiesa di S. Agostino oggi Parrocchia, si venera con fervorosa devozione una miracolosa immagine della Vergine SS. del Soccorso, sotto il nome di Madonna dei Miracoli. Scrivendo di essa, Rocco Pirro riferisce che fu dichiarata protettrice e patrona di Caltabellotta con pubblico voto degli abitanti il 22 Aprile 1601 per averli preservati dal colera. La storia della Madonna comincia con il passaggio della contea di Caltabellotta dalla famiglia Peralta ai Conti Luna (inizi del secolo XV).
Questi commissionarono al maestro Francesco Laurana una bellissima statua di marmo della Madonna del Soccorso per farne dono alla comunità dei Padri Agostiniani che intendevano stabilirsi in città. I padri agostiniani si sganciarono dalla chiesa di San Lorenzo, che la cedettero al clero locale, ed edificarono accanto ad essa una chiesa più grande dedicata al Padre S. Agostino; qui, con il convento attiguo, svolgevano un grande ministero di grazia a favore del popolo di Dio a loro affidato. Successivamente la prima immagine in marmo del Laurana fu riportata in legno. A tal proposito vengono tramandate di generazione in generazione varie storie e leggende legate al culto della Madonna dei Miracoli.
Si narra che un artigiano locale, che aveva la figlia ammalata, si rivolse alla Vergine del Soccorso e ricevuto il miracolo della guarigione della figlia scolpì una piccola statua della Madonna su un ceppo di fico e successivamente ne fece dono ai Padri Agostiniani.
Data la piccola dimensione, la statua veniva portata in processione nelle case degli ammalati che la richiedevano e poi, avvenuta la guarigione, ritornava in chiesa adorna di doni; per questo era detta anche la Madonna degli Ammalati.
Un altro racconto sull’origine di questo miracoloso simulacro recita: ...sotto la rupe Gogala, esisteva un bell’albero di fico; il proprietario, per particolare aspirazione e per certi misteriosi movimenti del tronco, decise di farne una statua.
Dopo qualche giorno, la dipinse, la pose al sole ad asciugare e poi si recò in campagna. A mezzogiorno scoppiò un temporale ed il contadino, ricordandosi della sua opera, si precipitò nel suo giardino per riparare dalla pioggia la statua che con tanta cura aveva realizzato. Con grande meraviglia vide che la statua della Madonna era al riparo e perfettamente asciutta ed integra nei colori. Nessuno l’aveva toccata.
Un’altra versione sull’origine del miracoloso simulacro, è la seguente: ...un giorno un certo Padre Paolo (Pallu) monaco Agostiniano (morto in fama di santità il 30 Dicembre 1847), trovò nel giardino sotto la rupe Gogala un ceppo di legno di fico e lo ritenne utile per sbarrare la porta della chiesa di S. Agostino. Così fece.
La mattina seguente andò ad aprire la chiesa e vide che il Ceppo di legno di fico non c’era più.
Chiese agli altri monaci se per caso lo avessero visto o se qualcuno lo avesse preso, ma questi gli risposero negativamente.
Un giorno si recò per il suo ministero alla Chiesa Madre, e con grande meraviglia, vide che il ceppo di legno era situato vicino al Crocifisso (proprio quello che c’è attualmente nella chiesa di S. Agostino).
Sbigottito, chiese chi avesse portato quel ceppo fino alla chiesa Madre. Domandò in giro, ma non ebbe risposte esaudienti.
Alla fine della Messa, dato che quel ceppo andava bene per chiudere la chiesa di S. Agostino, lo prese, lo riportò con sè e la sera lo sistemò allo scopo.
Il giorno dopo, come tutte le mattine, andò ad aprire la porta della chiesa e si accorse che il ceppo di fico era sparito. Subito pensò ad uno scherzo dei suoi confratelli anzi li accusò violentemente della stupida azione che, a parere suo, avevano commesso.
Ma vedendo che questi erano piuttosto frastornati, gli venne un dubbio. Andò di nuovo alla Madrice e vide, con grande meraviglia, che il ceppo di fico era ancora vicino al Crocifisso.
Riportò il pezzo di legno a S. Agostino, lo sistemò come le altre volte, e restò a vigilarlo.
Arrivata la notte, ad un tratto, vide che il pezzo di legno sì tolse dalla posizione in cui era stato sistemato e, balzellando, si diresse per la strada che porta alla madrice. Arrivato là si accostò, come le altre sere, vicino al Crocifisso. (La Madre che va a trovare il Figlio; lu Ncontru).
Da lì, poi, la scultura della statua su quel pezzo di legno di fico.
Un’altra storia legata alla devozione di Padre Pallu recita che: …un giorno arrivò al convento di Caltabellotta un certo Padre Paolo, uomo di Santa Vita e con una particolare devozione alla Vergine. Passava le sue notti in preghiera, e in contemplazione, quando, si dice, vede uscire la Madonna dalla porta della chiesa; la segue e si accorge che sale su per le balze che portano al colle Gogala. Di ritorno notò che la Madonna ha il manto sporco e si permise di chiedere: “Dove siete stata e perché avete la veste sporca?”. La Madonna, racconta Padre Paolo, che spesso si reca alla vecchia chiesa Madre per stare vicino al Figlio Crocifisso che li risiede (ritorna anche qua la storia della Madre che va a trovare il Figlio: lu ncontru). Da questo racconto scaturisce il nucleo centrale della festa così come l’abbiamo oggi.
Molti sono i miracoli ricordati dalla tradizione popolare. Tra i tanti ricordiamo quello compiuto da Maria SS. quando, volendo alcuni forestieri impadronirsi della sacra immagine e arrivati sotto la rupe Gogala sempre all’altezza dell’ex caserma dei CC. la statua si fece così pesante che furono costretti a lasciarla sul posto. Ecco perché, quando la statua della Madonna arriva sotto la rupe Gogala all’altezza dell’ex Caserma dei CC , luogo del ritrovamento del ceppo, essa, a detta dei portatori, si fa più pesante. Una volta un bambino ha acquistato la forza delle gambe percorrendo il tratto che va dall’inizio delle stanghe del fercolo al trono della Beata Vergine.
Si percorreva in processione la via D. Barbera: in un punto dove la strada diventa molto stretta e scoscesa, cadde a terra un angioletto della “Vara”. Lì vicino c’era una mamma col proprio figlioletto che era nato muto. Al cadere dell’angioletto il bimbo gridò: mamma, l’angelo; il bambino guarì.