L'Olio Extravergine di Oliva di Caltabellotta

Ultima modifica 2 aprile 2023

 

di Giuseppe PIPIA

A Caltabellotta da ottobre fino a dicembre si respira un aria diversa. Non per l’arrivo delle piogge autunnali, ma per l’apertura dei frantoi: il caratteristico odore dell’olio appena estratto pervade tutte le piccole vie del borgo animando le persone. Sì perché l’olio ha per i caltabellottesi lo stesso effetto che il vino sugli abitanti nella famosa poesia di Giosuè Carducci. Quasi tutti infatti hanno degli ulivi da cui verrà prodotto l’olio usato in famiglia, ma anche darà un sostentamento economico per alcuni non indifferente.

L’ulivo può vantare una storia che lo ha visto protagonista ed accompagnatore dell’uomo. Dagli albori delle civiltà mediterranee, che lo hanno eletto sacro in particolare alla dea Atena, fino ai giorni nostri, passando per le varie religioni che ne hanno riconosciuto una certa affinità col divino. Per esempio, nei pressi di Sciacca, esiste un albero risalente al 1300, nominato oleastro Inveges, le cui drupe sono utilizzate per la produzione dell’olio per le funzioni religiose, nonostante si credesse che fosse la dimora delle fate. Anche nel Corano l’ulivo è ritenuto particolarmente sacro e viene suggerito di cospargere l’olio sulla pelle. Questo suggerimento è altresì veritiero, dato che l’olio d’oliva ha anche delle proprietà cosmetiche riconosciute.

Ritorniamo a Caltabellotta: qui la cultivar prediletta è la biancolilla. Questa cultivar presenta un albero di modeste dimensioni, difficilmente supera i 2 metri di altezza al fusto, e le drupe sono generalmente piccole. Il nome deriva dai colori che i suoi frutti assumono durante la loro formazione: all’inizio bianche, ma quando arrivano alla maturazione acquisiscono un vivace colore lilla.

La raccolta viene effettuata prevalentemente a mano, cioè senza l’aiuto di grossi mezzi meccanici. Gli unici utensili che aiutano, e non poco, nella raccolta sono dei bacchiatori portatili. Le olive verranno poi molite entro le 24 ore successive, praticamente il giorno dopo, per evitare che il processo di fermentazione possa intaccare la qualità.

Questa viene appurata tramite un apposito test e determinata dalla normativa. Quella europea prevede che per essere un olio extravergine d’oliva, il contenuto di acidi grassi liberi sia inferiore allo 0,8% in peso. Un limite che l’olio extravergine di oliva di Caltabellotta non fa alcuna paura, dato che si mantiene a percentuali ben più basse.

Purtroppo non esiste in commercio un unico marchio che possa essere facilmente riconosciuto come di Caltabellotta. L’olio, infatti, viene venduto sotto la denominazione “Val di Mazara DOP”, oppure con il nome del frantoio o del produttore. Una grave mancanza dal punto di vista imprenditoriale, che non permette di puntare sulla qualità e dunque un ritorno economico non indifferente per tutti coloro che fanno parte della filiera. Vani sono stati alcuni tentativi in passato.

Durante la campagna olearia del 2017, oltre ad aiutare mio papà a raccogliere le olive del nostro piccolo uliveto, ho realizzato un documentario che mostri come nasce l’olio extravergine di oliva di Caltabellotta. Vorrei innanzitutto ringraziare mio papà, per avere avuto pazienza nell’essere filmato e diventare protagonista del video. Poi i frantoi “Pipia“, del signor Salvatore Turturici, e “Mariano Falco“, della signora Giusi Falco, per avermi permesso di effettuare le riprese e per aver collaborato con me nella realizzazione di alcune scene. Infine il panificio “Zzà Rosa” dei signori Vito Marsala e Vincenzo Augello, per avermi gentilmente concesso il pane per una scena.
 

VIDEO DOCUMENTARIO:


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